[:en]PAD #9, the first issue in 2013, deals with matter very hot to young designers, researchers and design scholars: the evolution of design-production relationship.
In the digital era, the world travels at a very high, yet sometimes uneven, speed, and finance introduces turbulence shaking markets with unseen violence, while technology offers unbelievable opportunities of communicating and producing. How, in this context, does design practice and its relationship with production change? How does production innovate?
We put these questions to our network of correspondents throughout the Mediterranean world, and they came back proposing interesting cases, each peculiarly meaningful of a changing reality.
Many of them replied: Ely Rozenberg reports about the numerous start-ups phenomenon in Israel; Teresita Scalco about projects presented at the AdHocracy exhibition, recently held within the Istanbul Design Biennial, and their relationship with technologies; Gianni Di Matteo enters the discussion about the ‘adhocracy’ concept and its roots, telling about ‘adhocism’ as ‘the art of improvisation’ and the makers community in Africa, especially in Egypt; Ana Perković reports about design self-production in Croatia.
In the From section we also publish some interesting explorations, like: C. Bissas, V. Asfi and L. Angelou, from Greece, propose the Inaugural Flight of the papairlines sharing platform; the academic research taking place between Turkey and Italy, aimed at contributing to sustainable evolution of the agro-industrial system, which is, as known, one of the most important production systems for the development of the Mediterranean area and the whole world, as per directions of Horizon 2000, the EC tool supporting research and innovation in the 2014-2020 timeframe.
The Close Up sections offers a pragmatic reading of design-industry relationship in Italy, by means of a chronicle and three interviews to as many famous designers working in Italy, in order to understand the meaning of current situation and the re-emerging of self-production (more akin to design in Italian) phenomena.
The Reportage section, besides the usual appointment with Fabio’s eye, places some graphic and photographic readings of current events side by side with topics covered in the issue.
As a due comment, the answer to the questions we asked ourselves about the evolution of the design-production relationship comes mostly from the young design people. I say people because it’s a more and more numerous and global group, giving life to a digital and connected community, sharing tools, rules and values as well, informing social, collaboration and creative practices.
The world of internet and technologies, and their potential, is the preferred place by young people for experimenting, sharing open systems and co-working. This is perhaps such a difficult world to understand, for those who don’t live in it, but it-s the which will give a shape to the near future.
Young designers, self-producers, post-industrial craftsmen, makers, hacktivist, backyard inventors show an attitude to opening and sharing knowledge revealing a significant difference with recent traditions, in contrast to the design-firm world, which generated in Italy from the 80’s, after denying the ’68 ideologies.
Within project practice, young designers don’t restrict their competence to the aesthetical, morphological, typological and functional perspective of products, instead they open themselves to contaminations with different techniques, arts and disciplines. In this way, they carry on spontaneous processes of continuing experimentation rather than wait for the customer. This way if working in nowadays technological scenario stimulates the capability to redefine production strategies, as well as trigger self-organized and interactive processes, where the idea of process itself and the contribution of different skills become a new, flexible content, meeting to the needs of the preferred counterpart: society.
Young designers prove to drive change and innovation in all cases we’ve explored, although not always they are champions of entrepreneurship, enterprise or social-at-large development.Vision and design abilities is not enough anymore, management skills are required. And on this wish goes our greeting for the new year!
Cover photo: Studio mischer’traxler, Gradient Mashrabiya Sideboard. Photo © Fabio Gambina[:hr]
[:it]
Apriamo il nuovo anno con il numero 9 di PAD, il primo del 2013, che affronta un argomento che sta molto a cuore ai giovani designer, oltre che ai ricercatori e ai teorici del design: l’evoluzione del rapporto tra design e produzione.
Nell’era digitale il mondo viaggia a grandi, seppur differenti, velocità e la finanza crea turbolenze che scuotono con violenza inedita i mercati, mentre le tecnologie offrono incredibili opportunità comunicative e produttive. In questo contesto come si trasforma la pratica del design e il suo rapporto con la produzione? Come si rinnova la produzione?
Abbiamo posto queste domande alla nostra rete di collaboratori e corrispondenti sparsi nel mondo Mediterraneo, che ci hanno proposto dei casi interessanti, ciascuno diversamente significativo di una realtà in cambiamento.
Ci hanno risposto in molti: Ely Rozenberg ci riferisce del fenomeno delle numerose start up di design in Israele; Teresita Scalco dei progetti esposti alla mostra Adhocracy, che si è recentemente tenuta all’interno del programma della Istanbul Design Biennial, e del loro particolare rapporto con le tecnologie; Gianni Di Matteo si innesta sul concetto di “adhocrazia” e sulle sue radici, per parlare di adhocismo come “arte dell’improvvisazione” e delle comunità di makers in Africa, in particolare in Egitto; Ana Perković ci riferisce delle auto-produzioni di design in Croazia. Anche nella rubrica From pubblichiamo alcune interessanti esplorazioni su ciò che avviene: in Grecia ad opera di C. Bissas, V. Asfi e L. Angelou che propongono l’Inaugural Flight della piattaforma di condivisione papairlines; ad Izmir, in Turchia, nell’ambito della ricerca accademia tra Turchia e Italia, impegnata a contribuire all’evoluzione sostenibile del sistema agroindustriale. Quest’ultimo, com’è noto, è uno dei più importanti sistemi produttivi per lo sviluppo del Mediterraneo e per il mondo intero, secondo le indicazioni di “Horizon 2020”, lo strumento della Commissione Europea a supporto della ricerca e dell’innovazione per il periodo 2014-2020.
La sezione Close-up, invece, propone una pragmatica lettura del rapporto design-industria in Italia, attraverso una cronistoria e tre interviste ad altrettanti noti designer che operano in Italia, per comprendere il senso della situazione odierna e il riemergere dei fenomeni di autoproduzione (parola più affine al mondo del design nella lingua italiana).
La rubrica Reportage, oltre all’appuntamento fisso con Fabio’s eye, affianca agli argomenti sviluppati nel numero, alcune letture grafiche e fotografiche dell’attualità.
Un doveroso commento: la risposta alle domande che ci siamo posti sulle evoluzioni del rapporto design-produzione viene innanzi tutto dal giovane “Popolo del design”. Parlo di Popolo perché si tratta di un gruppo di persone sempre più numeroso e globalizzato, che configura una comunità interconnessa e digitale, che condivide strumenti, regole e anche valori, che informano le pratiche sociali, collaborative e creative.
Il mondo della rete e delle tecnologie, con le loro potenzialità, è il luogo prediletto dai giovani, per la sperimentazione, per la condivisione di sistemi aperti e per il co-working. Forse è un mondo difficile da capire, per chi non lo vive, ma è quello che darà forma al prossimo futuro.
I giovani designer, auto-produttori, artigiani post-industrial, maker, hacktivist, backyard inventors dimostrano una predisposizione all’apertura e alla condivisione del sapere che palesa una differenza significativa con la recente tradizione e si contrappone al mondo della design-firm generato in Italia dal “riflusso degli anni ’80”, dopo aver cancellato le esperienze ideologie del ‘68.
Nella pratica del progetto, i giovani designer non limitano le loro competenze agli aspetti estetici, morfologici, tipologici e funzionali dei prodotti, ma si aprono alla contaminazione di tecniche, arti e competenze disciplinari diverse. Così, piuttosto che attendere la “committenza”, portano avanti processi autonomi di sperimentazione continua. Questo modo di lavorare nello scenario tecnologico odierno, sviluppa potenzialmente la capacità di ridefinizione delle strategie produttive, l’innesco di processi auto-organizzati e interattivi in cui l’idea di processo e l’apporto delle diverse competenze diviene il nuovo contenuto, vario e flessibile, che si conforma alle esigenze dell’interlocutore preferito: la società.
I giovani designer si confermano un motore di cambiamento e innovazione in tutte le realtà che abbiamo esplorato ma non in tutti i casi sono anche fautori di imprenditorialità, di sviluppo dell’impresa o della società nel suo complesso. La capacità di immaginare e progettare non è più sufficiente, servono capacità manageriali. Su questo auspicio va il nostro augurio per il nuovo anno!
Cover photo: Studio mischer’traxler, Gradient Mashrabiya Sideboard. Photo © Fabio Gambina
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